Il 24 luglio all’interno della Trasmissione Zapping in onda su Radio 1, l’onorevole Alessandro Morelli, presidente della commissione parlamentare Trasporti, Poste e Telecomunicazioni ha brevemente illustrato la proposta di legge C.2016 con la quale lui e altri due suoi colleghi deputati si propongono di modificare l’art. 22 della Costituzione per inserire in questo articolo anche il principio che la persona (quindi non solo i cittadini italiani) ha diritto anche alla tutela della propria identità digitale.
L’onorevole in questo intervento ha anche detto:
Le informazioni disponibili e le dichiarazioni dell’on. Morelli fanno emergere il sospetto che il legislatore stia proponendo soluzioni a problemi ipotetici , senza conoscere forse in modo approfondito i principi fondamentali della protezione dei dati personali e i meccanismi del diritto costituzionale e comunitario.
Nelle righe che seguono cercherò di illustrare brevemente che l’identità digitale da ormai oltre quarant’anni è ritenuta una parte dell’identità personale di un individuo e perché nelle norme, nelle decisioni delle Autorità e dei giudici si parli quindi non di tutela dell’identità digitale, ma di tutela dell’identità personale e dei dati personali che contribuiscono a formarla.
Per questo fornirò cenni su quale sia il quadro normativo di tale materia, quali siano le Autorità che già oggi sono preposte alla tutela dei dati personali, e quali siano gli aspetti fortemente critici di quanto ha dichiarato l’on. Morelli, riferendosi al progetto di legge citato.
Indice
Il concetto di identità digitale sia in informatica che nell’informatica giuridica è legato alla gestione di credenziali di autenticazione in un sistema informatico. Riguarda quindi l’insieme delle operazioni compiute e registrate con quel profilo e il livello di abilitazioni riconosciute da chi amministra il sistema.
Il passaggio importante compiuto dalla legislazione in Europa (Francia e Germania) negli anni ‘70 è stato quello di riferire a persone fisiche queste informazioni, riconoscendone il diritto alla tutela analogamente agli altri diritti personali.
Da allora gli strumenti elettronici si sono raffinati, evoluti e potenziati e la legislazione si è evoluta di conseguenza. In Italia, dopo alcuni infruttuosi tentativi del legislatore abbiamo iniziato a regolare la materia su direttive dell’Unione Europea e gli interpreti del diritto (Corte Costituzionale e Cassazione) hanno riconosciuto che:
il diritto all’identità, alla libertà, e alla dignità, che sono sanciti dalla costituzione (art. 2) comprendono il diritto alla protezione dei propri dati personali;1
il diritto alla tutela della propria identità comprende anche la tutela di quella digitale.2
In altre parole il diritto alla tutela della propria identità non è riconosciuto come un diritto secondario ma fondamentale e questo avviene in coerenza con quanto ha deciso l’Unione Europea scrivendo la così detta Carta di Nizza che comprende i diritti fondamentali applicati dagli stati membri, tra cui vi è il diritto alla protezione dei propri dati personali sancito dall’art. 8.
Pertanto si può dire che oggi il diritto delle persone alla tutela dei dati personali collegati e riferiti alla propria identità digitale è tutelato:
dall’art. 2 della costituzione;3
dal d.lg. 196/2003, come novellato nel 2018, che definisce i reati connessi alla violazione di tali diritti.5
Come si può notare il quadro normativo è ben complesso ed esso prevede anche (nel caso del Regolamento) una interdizione o limitazione del potere legislativo nazionale.
La modifica dell’art. 22 della costituzione risulta quindi non solo non necessaria, ma potenzialmente dannosa perché introdurrebbe differenze nazionali che sarebbe difficile giustificare rispetto al diritto comunitario; si tratterebbe inoltre di una sovrapposizione di norme che renderebbe più complesso il lavoro interpretativo degli operatori del diritto.
Tali norme hanno istituito, come noto, una autorità indipendente6
in ogni Paese dell’Unione Europea7.
In Italia si tratta dell’Autorità Garante dei Dati Personali, che opera tramite un proprio collegio e di cui si attende per altro il rinnovo da parte del Parlamento. L’Autorità Garante ha competenza su tutte le questioni che riguardano la protezione dei dati personali, in particolare:
Per quanto riguarda il lento processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione, esso è oggetto di una norma molte volte modificata, il Codice per l’Amministrazione Digitale, (d.lg. 82/2005), che ha anche istituito l’Agenzia per l’Italia digitale con il compito di fornire regole tecniche alla pubblica amministrazione per l’adozione di servizi digitali. L’Agenzia, inoltre, seleziona e certifica fornitori di servizi ed opera in stretta coordinazione con l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, fornendo tra l’altro indicazioni ai rami della pubblica amministrazione che si vogliano dotare di servizi in cloud.
Nuovamente non si comprende quali siano i meriti della proposta legislativa illustrata dall’onorevole Morelli, dal momento che abbiamo già una autorità indipendente con competenze relative alla tutela della identità digitale, che è un aspetto specifico della più generale tutela dei dati personali.
A latere destano qualche perplessità le dichiarazioni e le considerazioni dell’onorevole Morelli quando
La complessità degli ordinamenti moderni impone al legislatore estrema prudenza e grande attenzione: prima di abbozzare progetti di legge che rischiano di essere incauti occorre documentarsi con cura, dato che le norme non necessarie finiscono sempre con l’essere dannose.
Sembra insomma che una parte dei Parlamentari nazionali sia riuscita a non apprendere le lezioni e indicazioni che gli esperti del settore hanno illustrato per mesi e mesi nell’anno passato, tra cui ricordo vivamente quella del prof. Pizzetti che a gran voce ricordava come, essendo il RGPD una norma di rango comunitario non sarebbero più state possibili quelle attività incoerenti del legislatore italiano viste in passato, di modifiche sistematiche del Codice Privacy.